Nel caso di una concessione di una struttura per anziani, a cui deve essere abbinato un servizio mensa, come deve essere strutturato l’appalto? È necessario fare un unico bando di concessione che include anche il servizio aggiuntivo della mensa (che però non è una concessione), oppure è più opportuno fare due appalti diversi con il rischio di avere due offerenti diversi?
Dalle prescrizioni normative del Codice dei contratti pubblici si evince che il discrimine tra la fattispecie giuridica dell’appalto e quella della concessione può essere individuato nel fatto che nel contratto di concessione il corrispettivo dell’erogazione del servizio consiste unicamente nel diritto di gestire il servizio, avendo come vantaggio la possibilità di esigere un prezzo dall’utenza, oppure in tale diritto accompagnato da un prezzo.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza l’elemento identificativo discriminante è da ravvisarsi nel fatto che nell’appalto di servizi le prestazioni sono rese in favore dell’Amministrazione, mentre nella concessione di servizi s’instaura un rapporto trilaterale, tra l’Amministrazione, il concessionario e gli utenti. In particolare, nella concessione di servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell’appalto di servizi spetta all’Amministrazione compensare in toto l’attività svolta dal privato (Consiglio di Stato, sez. VI, 16/07/2015, n. 3571; Consiglio di Stato, sez. V, 18/06/2015, n. 3120); T.A.R. Pescara, (Abruzzo), sez. I, 11/07/2016, n. 258; T.A.R. Campobasso, (Molise), sez. I, 06/11/2015, n. 433).
Con riferimento al caso di specie si ritiene che sussistano tutti i requisiti di legge per poter affidare in concessione il servizio di mensa a favore degli utenti della struttura per anziani e/o delle persone indigenti.
Ciò in quanto:
– il servizio sarebbe reso in favore degli utenti della struttura;
– gli stessi utenti si accollerebbero il costo del servizio;
– il rischio di gestione sarebbe in capo all’impresa perchè legata ai livelli di utenza;
– l’amministrazione non corrisponderebbe alcuna somma di denaro per il servizio e potrebbe chiedere un canone di concessione.
L’Anac, ad esempio, pronunciandosi in merito ad un servizio analogo a quello in esame (mensa scolastica), ha ritenuto dovesse configurarsi una concessione di servizi, e non un appalto, tenuto conto “delle modalità con le quali il servizio di refezione scolastica è reso (in favore degli utenti), del sistema di remunerazione previsto (il costo grava sugli utenti, ancorché con corresponsione di una quota da parte della PA, quale ipotesi ammessa dal citato art. 30 del Codice), dell’assunzione di rischio di gestione in capo all’impresa (la remuneratività della gestione è legata ai livelli di utenza (Anac Deliberazione n. 22 Adunanza del 8 maggio 2013), ovvero in considerazione del fatto che “il destinatario ultimo del servizio pubblico è l’utenza – e non lo stesso Comune di Ragusa (dunque, non è reso ad una pubblica amministrazione) – la quale paga un ticket al concessionario (a tal proposito, nella nota del 03.12.2010 il Comune evidenzia che nel corso del tempo si è verificato “un sempre maggiore spostamento dei costi dalla collettività (bilancio comunale) al fruitore diretto”), il quale, a sua volta, trattiene il suddetto ticket quale remunerazione del servizio gestito (quindi vi è trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione); inoltre, il valore del servizio non è “predeterminabile, se non in via presuntiva, in quanto condizionato dalla domanda effettiva”, pertanto, vi è assunzione del rischio di gestione in capo all’aggiudicatario. In altri termini, il concessionario non è in grado di procedere ad un calcolo preciso del flusso totale di utenti che usufruiranno di fatto del servizio e dunque, in ultima analisi, non è possibile all’affidatario determinare con certezza gli effettivi flussi di cassa derivanti dall’erogazione del servizio” (Anac Deliberazione n. 47 Adunanza del 4 maggio 2011).
In conclusione si ritiene che la stazione appaltante possa affidare in concessione anche il servizio di mensa.