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Domande e risposte

Quali sono i rapporti tra MEPA e divieto di frazionamento? Nel MEPA una PA può acquistare mediante ordine diretto due Metaprodotti complementari (es. una piattaforma web e il servizio di caricamento dati) entrambe con valore di circa 40.000 cadauno senza che si configuri l’ipotesi di frazionamento?

L’art. 29 del Codice dei contratti, nel disciplinare i metodi di calcolo del valore stimato dei contratti, dispone che nessun affidamento possa essere frazionato al fine di escluderlo dall’osservanza delle norme che troverebbero applicazione se il frazionamento non vi fosse stato.

Nello stesso senso si pone anche l’art. 125, comma 13 del Codice, che vieta l’artificioso frazionamento dell’appalto al fine di sottoporre l’affidamento alle procedure di acquisizione in economia.

La ratio della norme è di evitare elusioni della disciplina comunitaria da parte delle stazioni appaltanti che potrebbero frazionare un unico contratto di valore pari o superiore alla soglia comunitaria, ottenendo lotti di valore inferiore, i quali, astrattamente, potrebbero essere aggiudicati con procedure meno competitive di quelle previste per i contratti “sopra soglia”.

Tali principi, tuttavia, devono essere coordinati con le novità introdotte dallo Statuto delle imprese (Legge 180/2011) e dal comma 1-bis all’art. 2 del D.Lgs. n. 163/2006, che al fine di favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese, hanno imposto alle stazioni appaltanti di suddividere gli appalti in lotti funzionali, “ove possibile ed economicamente conveniente” e comunque nel rispetto della disciplina comunitaria.

In particolare, l’art. 2 comma 1-bis del Codice, significativamente collocata tra i principi che presiedono all’affidamento e alla esecuzione dei contratti pubblici, esprime tutto il favore del legislatore per il frazionamento degli appalti, evidenziato da una previsione operante nel settore dei lavori, dei servizi e delle forniture.

Sulla base del delineato quadro normativo si desume che il frazionamento dell’appalto in lotti sia legittimo, salvo il rispetto delle seguenti condizioni.

In primo luogo i lotti devono avere natura “funzionale”. La norma ha fatto proprio l’orientamento espresso dalla giurisprudenza, la quale, già prima della novella, riteneva che il potere di frazionamento in più lotti fosse giustificato solo qualora sussistessero profili di autonomia (oggettivamente rilevabile) e fossero realmente dimostrabili peculiari elementi di vantaggio nell’esecuzione frazionata dell’opera globalmente considerata (Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 11 novembre 2010, n. 2582).

In sostanza, l’articolazione dell’appalto in più parti, dovrebbe garantire che ogni singola frazione abbia una funzionalità che ne consenta l’utilizzazione compiuta, mentre sarebbe precluso il frazionamento qualora le frazioni venissero inserite in una prestazione che potesse assumere valore e utilità solo se unitariamente considerata.

In secondo luogo il frazionamento deve assicurare un vantaggio “economico” e dunque assicurare alla stazione appaltante un risparmio di spesa o comunque una migliore allocazione delle risorse disponibili.

La norma in esame, quindi, da un lato favorisce la suddivisione in lotti e dall’altro intensifica l’onere motivazionale delle stazioni appaltanti, che dovranno espressamente giustificare l’articolazione dell’appalto con riferimento alle condizioni poste dal Codice.

Venendo al caso sottoposto, l’amministrazione potrà acquistare due prodotti complementari (es. una piattaforma web e il servizio di caricamento dati) con due distinti ordini soltanto se dimostri che ciascun prodotto abbia una propria e autonoma funzionalità e che l’acquisto separato sia economicamente più conveniente. A queste condizioni il frazionamento potrà essere considerato legittimo.

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