Di cosa si occupa la sua azienda e come si è evoluta negli ultimi anni?
SPIVA è una start up tecnologica che opera nei settori della cartografia e dei Sistemi Informativi Territoriali. Siamo nati quest’anno con l’obiettivo di trasformare in prodotti e servizi il know how, le competenze e il lavoro concettuale dello studio di ingegneria Addis.
Le nostre aree di intervento sono:
1) Pianificazione strategica territoriale: piani urbanisti, piani per la mobilità, piani per i trasporti, piani di sviluppo locale;
2) Semplificazione amministrativa, con prodotti e soluzioni a supporto dello sportello unico edilizia e delle attività produttive (www.destinazioneurbanistica.it);
3) Applicazioni di mobile data collection per la sicurezza stradale e mobilità, con prodotti e soluzioni in materia di Rilevazione e Valutazione degli Incidenti Stradali (www.rilevapp.it);
4) Formazione e consolidamento delle competenze a servizio degli ordini professionali, con particolare riferimento al GIS (www.easygis.it);
5) Ricerca e sviluppo in materia di edilizia, infrastrutture e trasporti: partecipazione a progetti di ricerca nazionali ed europei.
Quali sono le carte che la Sardegna può e deve giocare per rafforzare la sua competitività in generale e nel settore in cui lei opera, quello della pianificazione territoriale?
La Sardegna rappresenta un microcosmo in cui si possono sperimentare prototipi anche in larga scala. Questo a mio avviso è il punto di forza maggiore dell’Isola. Se fossimo in grado di abbinare le grandi competenze che abbiamo in alcuni settori ad alta intensità tecnologica con le potenzialità di un territorio ridotto, nel quale sono però presenti tutte le dimensioni e tipologie territoriali, potremmo davvero rendere la Sardegna una terra nella quale sperimentare soluzioni innovative, anche di grande impatto (penso ad esempio alla sperimentazione del veicolo senza conducente, che sarà una delle maggiori innovazione dei prossimi decenni nel settore dei trasporti).
Per quanto riguarda il settore in cui opero, che è quello della pianificazione territoriale, non sono molto fiducioso per il futuro. Vedo due ordini di problemi:
· In primo luogo, l’avvicendamento delle forze politiche talvolta impedisce di pianificare lo sviluppo locale e anche quando la politica riesce a farlo, la fase attuativa è sempre molto complessa;
· In secondo luogo, manca la cultura della pianificazione territoriale in alcuni settori, come le aree rurali, il turismo, il ciclo dei rifiuti. Settori nei quali non si conoscono i costi di erogazione del servizio e la loro incidenza sulle tasche del privato cittadino. Penso a un Comune costiero che, a causa del flusso turistico, produce una quantità di rifiuti superiore di sette o otto volte rispetto a un Comune delle zone interne di pari dimensioni. La spesa pro-capite per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti è ovviamente molto più alta nel Comune costiero e ricade su tutti i cittadini di quel Comune, mentre i ricavi del settore turistico sono ripartiti su pochi cittadini.
Nel settore dell’edilizia e delle costruzioni che prospettive intravede?
In questo settore, a mio parere, vi è un errore strategico all’origine: l’edilizia è considerata un fine e non un mezzo. Manca totalmente negli operatori economici e nei decisori la percezione del mercato del lavoro, la capacità di analizzare i trend nei consumi e negli stili di vita. Si vuole far ripartire l’edilizia, in quanto è un settore che coinvolge moltissimi operatori. Tuttavia, non si analizzano i macro processi che determinano nuove esigenze nel mercato. Pertanto, si fa l’errore di costruire nuovi edifici che talvolta rimangono invenduti, consumando il territorio; quando, invece, sarebbe più opportuno rivalorizzare o riqualificare le aree già edificate.
Per rispondere alla sua domanda, finché non avremo il coraggio di proporre nuove strategie di sviluppo, non vedo delle prospettive rosee.
Come siete strutturati per partecipare agli appalti pubblici?
Sino ad oggi abbiamo ottimizzato le risorse, pertanto la materia degli appalti veniva gestita dall’ingegnere che elaborava anche l’offerta tecnica. Tuttavia, abbiamo sentito la necessità di dotarci di competenze specifiche sul piano giuridico-economico e abbiamo deciso di partecipare al master MAAP al fine di implementare le nostre conoscenze e acquisirne di nuove.Dal mio punto di vista, quella relativa alla possibilità che le imprese vincessero una borsa di studio per formare una loro risorsa in questo materia specifica ha rappresentato una grande opportunità, che tutte le imprese sarde avrebbero dovuto cogliere. Molte imprese, purtroppo, non hanno questa sensibilità; le barriere culturali da superare sono molte.
Qual è il suo giudizio sul sistema delle gare pubbliche? Quali sono gli ostacoli che impediscono alle aziende di partecipare con maggiore fiducia al mercato pubblico?
Anche in questo caso vedo diverse criticità. Partecipare alle gare è sempre più difficile, perché i concorrenti sono tanti, troppi, e i ribassi veramente eccessivi. Il settore degli appalti, inoltre, diventa sempre più complesso e questo rende più difficile confezionare una proposta corretta e convincente. La stessa difficoltà la riscontro spesso anche da parte delle stazioni appaltanti, il che si traduce in basi d’asta inaccettabili e in capitolati spesso inconsistenti. E’ necessaria una migliore conoscenza dalla materia.
Cosa ne pensa della possibilità di introdurre sistemi di valutazione e rating sia per le stazioni appaltanti che per le imprese al fine di valutarne la performance?
Il principio teorico mi piace ma credo che l’attuazione pratica sarebbe molto complicata. Ad ogni modo mi sembra la direzione giusta.
Sul fronte internazionalizzazione come siete orientati?
Ci interessa la Romania e parteciperemo alla Terza delegazione organizzata dallo Sportello Appalti Imprese. In Romania vogliamo portare competenze strategiche in materia di:
· Progettazione e manutenzione delle infrastrutture stradali;
· Sistemi informativi territoriali;
· Mobilità e trasporto pubblico locale.
Guardiamo con fiducia ai mercati esteri anche per metterci alla prova: vogliamo capire se le difficoltà che riscontriamo in Italia sono legate al sistema Paese o al nostro modo di lavorare. Io credo che il lavoro debba essere completamente riformato e rivisto, dobbiamo cambiare modus operandi e cultura. Le logiche sottese al lavoro devono cambiare.