La sua azienda si occupa di ristorazione collettiva e di mense scolastiche? Quando è nata e come si è sviluppata?
L’azienda nasce nel 1995. Attualmente impiega 220 persone da ottobre a giungo, nel periodo scolastico, mentre il personale fisso è di circa 59 persone. Opera in tutta la Sardegna.
Dal suo osservatorio privilegiato come sta evolvendo questo settore? Quali sono le principali dinamiche innovative e i principali cambiamenti che lo hanno caratterizzato negli ultimi anni??
Il settore della ristorazione collettiva è caratterizzato da una certa stabilità di mercato. Non ha particolari picchi di crescita o decrescita proprio perché si basa su un mercato, quello dell’alimentazione, che ha un trend di sviluppo costante.
Quello che riscontriamo negli ultimi anni è l’aumento dei competitor, che sono sempre più forti e sempre più agguerriti. Da questo punto di vista, il più grave handicap degli operatori sardi è la difficoltà a fare sistema. Spesso le aziende sarde preferiscono fare accordi con società esterne piuttosto che creare consorzi o alleanze stabili con altri sardi. Non si vuole capire che, se si è più forti, si ha un potere contrattuale maggiore verso le pubbliche amministrazioni, poiché la scelta di presentarsi come network è sempre una scelta vincente. Fare rete è fondamentale anche per risparmiare, poiché consente di avere piattaforme di acquisto condivise e di ripartirsi il lavoro e le competenze. Ad esempio, in alcuni comuni non hanno cucine interne e occorre dotarsi di centri di cottura. Questo ha un costo notevole che potrebbe essere abbattuto nel caso di partenariati con altre imprese presenti sul territorio.
La Sua azienda ha un’esperienza consolidata nel settore dei bandi pubblici. Come siete strutturati per fare bandi e quante gare svolgete ogni anno?
L’ufficio gare è composto da 2-3 persone. I miei collaboratori seguono la parte amministrativa ma sono io che mi occupo del progetto tecnico, della costruzione delle relazioni, dei sopralluoghi e dei partenariati. In media all’anno facciamo 12-13 gare.
Qual è il suo giudizio sul sistema delle gare pubbliche? Quali sono gli ostacoli che impediscono alle aziende di partecipare con maggiore fiducia al mercato pubblico?
Vi sono diversi ordini di problemi.
In primo luogo la competenza tecnica dei Comuni. I comuni più piccoli sono destrutturati e fanno fatica a seguire i cambiamenti e le innovazioni (noi ad esempio abbiamo avuto molti problemi con l’AVCpass) .
Vi è poi la questione dell’eccesso dei ribassi anche dinanzi a gare con offerta economicamente più vantaggiosa. In questo senso bisognerebbe fare attenzione alle formule di calcolo dei punteggi perché spesso offerte tecniche di qualità sono penalizzate dinanzi a ribassi notevoli proprio a causa della formula.
Vi è poi il problema della penalizzazione delle PMI nel caso di gare gestite per lotti regionali (es. gare dell’Esercito italiano). In questi casi i requisiti di fatturato sono tali da tagliare fuori le imprese piccole.
Sul fronte dei tempi di pagamento devo dire che la situazione è molto migliorata e noi non abbiamo grosse difficoltà con le amministrazioni comunali.
Il settore della ristorazione scolastica è fortemente interessato al tema degli appalti verdi. Che valutazione da su questo tema? Nella sua esperienza l’attenzione alla sostenibilità si è tradotta in offerte qualitativamente migliori?
Il problema degli appalti verdi è di natura economica. Pur condividendo e facendo propri i principi di sostenibilità, occorre essere consapevoli che le gare “verdi” per le aziende hanno un costo maggiore e di conseguenza anche le basi d’asta devono essere più alte. Se gli Enti non si adegueranno e rispetteranno l’obbligo imposto dal Collegato Ambientale mantenendo inalterate le basi d’asta, vi sarà un rischio serio di gare deserte. Il problema è che molte amministrazioni non hanno purtroppo le risorse per adeguarsi.
Il prezzo offerto dall’imprese deve poter rispecchiare la sua struttura dei costi. Per questa ragione io credo che i costi del personale, proprio come quelli per la sicurezza, dovrebbero poter essere scorporati dall’offerta economica. Proprio perché rappresentano una componente fissa non modificabile e non soggetta a ribasso.
L’altro rischio che vedo sulla questione degli appalti verdi è legato all’incompetenza. Se le stazioni appaltanti non rispetteranno gli obblighi in materia di GPP e non seguiranno i CAM, sarà molto difficile per le imprese fare ricorso, poiché questo significherebbe in qualche modo deteriorare il rapporto con l’amministrazione.
Le stazioni appaltanti a suo avviso sono pronte a questa “rivoluzione ecologica”?
Sicuramente vi sarà un problema di “adattamento” del mondo pubblico. Vi è però un “salto culturale” che anche il privato deve fare. Perché alcuni prodotti “verdi” debbano costare così tanto? Questo forse è il tema. I produttori lamentano una bassa produzione che fa salire i costi, ma su questo argomento a mio avviso occorre una riflessione più ampia che possa aiutare la rivoluzione ecologica a realizzarsi concretamente senza alterare gli equilibri di mercato.